soproxi aiuta chi rimane

Progetto SOPRoxi è nato nel 2006 da un’idea di Paolo Scocco, un medico psichiatra, psicoterapeuta della Clinica Psichiatrica dell’Università e del Dipartimento di Salute Mentale di Padova, che ancora lo coordina.

L’obiettivo del progetto è di fornire supporto alle persone che hanno vissuto il trauma e soffrono per il suicidio di un loro caro/amico/conoscente (sopravvissuti).

Il progetto è possibile grazie all’impegno di persone sopravvissute o meno, che hanno messo a disposizione volontariamente la loro professionalità, esperienza e tempo:

  • Elena Toffol, psichiatra e psicoterapeuta;
  • Stefano Totaro, psicologo e psicoterapeuta;
  • Silvia Facchini, psicologa e psicoterapeuta;
  • Manuela Guadagnini, psicologa e musicoterapeuta;
  • Francesca Bianchera, psicologa;
  • Anna Martini, traduttrice editoriale;
  • Valentina Drago, insegnante di italiano e guida turistica;
  • Suor Raffaella Acerbi, religiosa;
  • Carlo Idotta, psichiatra e psicoterapeuta.

Hanno collaborato con Soproxi: Alessandro Ferrari, Cristina Castriotta, Federica Olivi, Luigi Zerbinati, Riccardo Girolimetto, Tea Mareschi. Un particolare riconoscimento a Chiara Ometto.

Ho iniziato a collaborare con Soproxi nel 2012, attraverso il mio lavoro di consulente grafica e facilitatrice naturale per gli utenti durante i weekend residenziali PÁNTA RHÊI.
Una preziosa occasione di crescita umana e professionale.

non sei solo

Dalla lettera ad uno scrittore:


Due giorni di ritiro con soli sopravvissuti, in cui condividere in sicurezza le proprie esperienze, in cui meditare e fare esercizi per l’elaborazione del lutto. Accetto e mi ritrovo assieme a persone che capiscono perfettamente e che mi restituiscono, con grande dolore ed empatia, sollievo e fiducia nel domani. Da allora ne abbiamo realizzati 15 di residenziali, ho partecipato come facilitatrice, nonché grafica dell’associazione, abbiamo aiutato molte persone. Mi sono sentita grata e utile come non mai e continuo a sentirmi così tutte le volte. L’associazione di chiama Soproxi.

Mi definisco ex-sopravvissuta perché è così che mi sento; come è successo a te quel giorno in albergo, quando hai chiesto al tuo compagno di non lasciarti, di aspettare un giorno ancora. È quel senso di risveglio, come la scena del Pianista sull’Oceano quando viene descritto quel quadro rimasto sempre appeso al chiodo e poi d’improvviso senza un reale motivo sbaaaaaam, cade giù. Quel senso di perdono vero che doni a te stessa, come mai prima di quel momento, non più l’ennesimo tentativo, ma l’azione definitiva, quella che ti porta fuori dalla tempesta, quel momento in cui poggi i piedi a riva dopo essere stata al largo della vita per decenni. Ecco, succede, è vero, è la realtà delle cose. Esiste un momento in cui si torna a vivere ed è come se tutto quello che ha preceduto quell’istante non abbia più un peso, sia diventato leggero e impalpabile. Resterà sempre scritto, certo, ci penserai tantissimo, ma non più con quel senso di oppressione che spinge sul petto come il piede di un gigante immaginario.
Ti scrivo per dirti che la scrittura è stata la mia terapia e sono grata alla vita per aver letto il tuo libro e trovato tante conferme, mi sono sentita ancora una volta meno sola, meno aliena, più fortunata, più gioiosa. Ho utilizzato la poesia come uno stargate, ho scritto parole, poi frasi, poi ho osservato un paesaggio di nebbia che aveva cancellato le gambe ai lampioni, ho scritto di amori veri e amori desiderati, ho scritto di grigio e di giallo, di natura salva e da salvare. Quando ho tenuto in mano, la prima volta, il mio libercolo di poesie, le mie spalle di sono alleggerite, ho espirato profondamente e tutto il dolore contenuto nelle parole non aveva più senso trattenerlo dentro di me, c’era il libretto adesso a farsene carico.

pánta rhêi edizione 15

pánta rhêi edizione 14

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